mercoledì 28 settembre 2011

Riportiamo qui di seguito un'interessante riflessione di Marina Mannarini (ReteDonne - Coordinamento Italiane all'Estero) sull'intervento di Francesco Sbano al Literaturfestival di Amburgo.

AMBURGO\ aise\ - Il 21 settembre ad Amburgo è stato presentato il libro del sedicente giornalista Francesco Sbano "Giuliano Belfiore. Die Ehre des Schweigens. Ein Mafiaboss packt aus (Giuliano Belfiore. L’onore del silenzio. Un boss della mafia parla").



L’autore era già finito al centro di un aspro dibattito a causa della sua raccolta di romantiche canzoni di ndrangheta ("Musulinu galantomu", "Ammazzaru lu Generali" su Dalla Chiesa, ecc.), inserite nel volume fotografico "Malacarne". Esso contiene anche testi di personalità come Roberto Saviano, Rita Borsellino e Nicola Gratteri, senza però che questi fossero stati precedentemente informati del contesto in cui le proprie parole dovevano essere inserite.

Mentre il volume, dopo le sconcertate proteste degli interpellati, venne in Italia ritirato dalla casa editrice, restò ed è tuttora acquistabile in Germania e continua a nutrire quel bisogno di sicurezza insito nell’anima tedesca, infondendovi la sensazione di come le mafie continuino ad essere un fenomeno folcloristicamente tipico italiano.

È scabrosa la pena che s’insinua negli spettatori al racconto di Sbano. La cosiddetta analisi del sedicente giornalista è chiara: non esistono alternative per i nati nel Meridione se non entrare a far parte della mafia. Eccole, le vere vittime, dunque: poveri giovani costretti ad ammazzare. Mitra, acido, esplosivo.

L’altro pilastro del grandioso lavoro di Sbano, il giornalista del notissimo settimanale tedesco Der Spiegel Andreas Ulrich, non trova evidentemente termine più adatto a descrivere la realtà ndranghetista calabrese se non quello di "bizarr", mentre altri penserebbero forse alle parole di Saviano "la morte fa schifo". 

Ma intanto il pubblico, per lo più tedesco, sorride ai racconti da feulleton su corruzione e impotenza delle istituzioni italiane.

Sbano sembra non sapere quanto il fenomeno delle mafie abbia da tempo oltrepassato i confini e il pubblico ascolta compiacente. Dopo tutto si tratta di miliardi che arricchiscono ormai anche numerose lobby sul territorio tedesco, europeo, mondiale e non tutti vorrebbero o potrebbero rinunciarvi. È facile quindi appiattire la rappresentazione di fatti sconcertanti colorandoli di particolari ed allusioni estremamente fuori luogo. Ad esempio le pillole dimagranti ingerite da Antonio Pelle che andrebbero inserite nel disegno da lui perseguito di costringere i giudici responsabili a tramutare la propria pena in arresti domiciliari e successivamente rendere attuabile la fuga. Le stesse pillole diventano nel racconto di Sbano un mero segno della vanità del boss latino e Nicola Gratteri, che ne aveva reso possibile la cattura, un semplice e povero simbolo dell’impotenza istituzionale.

La mafia viene banalmente considerata come uno stato nello stato senza che si ritenga opportuno accennare almeno fugacemente alla questione dell’osmosi fra stato e mafie o ai confini sempre meno definiti fra criminalità economica e criminalità organizzata.

Anziché soffermarsi sulla brutalità dei crimini di stampo mafioso, quant’è bello cullarsi nell’integrità di questi uomini e nei loro – seppure arcaici - "valori".

La donna ad esempio, essere puro ed inviolabile. E Maria Concetta Cacciola, anni 31, suicidata tramite ingerimento di acido muriatico dopo che lo scorso maggio aveva coraggiosamente deciso di collaborare con la giustizia? Lea Garofalo, 35, rapita, ammazzata e fatta scomparire, sempre con l’acido, due anni fa, dopo che anche lei aveva iniziato nel 2009 una collaborazione con la giustizia? E Tita Buccafusca? Stessa fine. Per non parlare delle numerose donne uccise per aver imbrattato l’onore della famiglia. Neanche i bambini si possono sottrarre a questa enorme integrità, come accadde ad esempio a Marcella Tassone, il viso trucidato da 7 colpi di arma da fuoco.

Una serata pericolosa quella del 21 settembre ad Amburgo. A chi, col dovuto rispetto, ma con indignazione (e un po’ di noia), aveva pazientemente aspettato il dibattito, non è rimasta che un’enorme delusione: per annotazioni critiche non era previsto alcuno spazio. Resta una domanda da rivolgere agli organizzatori del festival HarbourFront: sapevano chi avevano invitato a presentare in luogo sacro (la St. Pauli Kirche) il proprio "romanzo"? Evidentemente no. Un gioco col fuoco per il quale gli organizzatori del festival andrebbero chiamati a rispondere. (marina mannarini*\aise)

* ReteDonne - Coordinamento Italiane all'Estero


 
Wir verweisen hier auf einen anregenden Beitrag von Marina Mannarini über den beunruhigenden Vortrag des selbst ernannten Journalisten Francesco Sbano in Hamburg am 21.09.2011.

HarbourFront, Literaturfestival: Francesco Sbano am 21.09.2011 in der St.-Pauli-Kirche
Danke, Herr Sbano für den gestrigen Abend. Ihnen ist etwas gelungen, was keiner der zahlreichen Filme und Skripten aus der Trivial- (und leider auch als weniger trivial bezeichneten) Literatur nicht geschafft hatte. Ein – im ursprünglichen Sinne des Wortes – unheimliches Mitleid beschleicht jeden der etwa 50 anwesenden Zuschauer. Die vermeintliche Analyse des selbst ernannten und selbstgefälligen Journalisten Francesco Sbano stellt die Dinge ganz einfach dar: Es gibt keine Wahl: Jeder, der in (Süd-)Italien geboren wird, muss der ‘Ndrangheta beitreten.
Mafiosi als Opfer. Deshalb und nur deshalb sind (Süd-)Italiener regelrecht gezwungen, kaltblutig und blind zu morden: Gewehre, Säure, Dynamit. Und auf der anderen Seite dieser ‚gelungenen‘ Kooperation deutschitalienischen Journalismus findet Andreas Ulrich, um Elend und Morden zu beschreiben, den (treffenden?) Ausdruck „bizarr“. Er scheint diesen Begriff ja so zutreffend zu finden, dass er ihn mehrmals im Laufe des Abends verwenden wird. Mafia als ungewöhnlich, höchstens verschroben?
Nur wer sich etwas vielseitiger über das Thema informiert hat, weiß und schreit: nicht bizarr, sondern tragisch ist Mafia! Sbano bevorzugt es, wenn das deutsche Publikum sich belustigt und schmunzelnd über die heiter dargestellte Korruption Italiens amüsiert.
Andere, die das Phänomen Mafia kritisch untersucht haben, wissen, dass die Mafia seit Jahrzehnten nicht mehr nur eine rein italienische Realität ist. Schließlich jongliert sie mit Milliardenbeträgen und spielt somit in der Weltwirtschaft eine erhebliche Rolle: An diesen Milliarden bereichern sich schon lange nicht mehr nur Italiener. Doch dank Francesco Sbano können wir endlich erleichtert aufatmen: So komplex und bedrohlich ist das Ganze gar nicht! So erklärt er z.B. dass der Staatsanwalt Nicola Gratteri (Antimafiaeinheit) in seiner Arbeit in Reggio Calabria „gescheitert“ sei, weil der Boss Antonio Pelle wieder flüchtig ist; die Ermittler wissen inzwischen dass die Schlankheitspillen, die er noch im Gefängnis geschluckt haben soll, nur Teil eines durchdachten Ausbruchsplans waren: Pelle wollte stark abnehmen, damit man seine Haftstrafe in Hausarrest umwandelte; von dort aus war die Flucht ein leichtes Spiel. Doch Sbano verkürzt die Geschichte so, dass sich manch ein Zuschauer über vermeintliche Eitelkeiten von italienischen Mafiosi belustigt.
Mafia als eine Parallelgesellschaft, ein Staat im Staate: Man hätte mehr von zwei vermeintlichen Mafia-Experten erwartet, als Schlagworte. Z.B. verdiente eine gewisse Aufmerksamkeit die Debatte darüber, in wie weit Mafia DER Staat selbst sei: Dazu jedoch kein Wort.
Mafia nicht als brutales Morden, sondern lediglich als eine Gruppierung von Menschen, die noch Werte in ihrem – wenn auch archaischen – Wesen aufweisen.
Frauen als heilige und unberührbare Geschöpfe. Maria Concetta Cacciola, 31 Jahre, war wohl nicht unberührbar genug, als sie im letzten Monat den vermeintlichen „Freitod“ wählte: Sie soll Salzsäure geschluckt haben, nachdem sie sich im Mai dazu entschlossen hatte, mit der Justiz zu kooperieren und als Zeugin auszusagen. Oder Lea Garofalo, 35 Jahre, vor zwei Jahren entführt, dann ermordet und anschließend in derselben Salzsäure aufgelöst. Auch sie hatte 2009 wichtige Aussagen gemacht. Tita Buccafusca, 38 Jahre, soll sich im vergangenen April das Leben durch Einnahme von Schwefelsäure genommen haben; auch sie hatte gegen ‘Ndrangheta-Bosse ausgesagt. Oder ein etwas anderer Fall: Angela Costantino, 25 Jahre, verwandt mit der’Ndrangheta-Familie Lo Giudice, hatte sich 1994 in Nichts aufgelöst, bis man herausfand, dass sie erwürgt worden war, weil sie von einem anderen schwanger war.
Ach ja, und was war mit den Kindern? Selbstverständlich stehen auch sie unter dem liebevollen Schutz der ‘Ndrangheta. „In den Kriegen der Mafia werden entgegen der allgemeinen falschen Annahme auch Frauen und Kinder ermordet. Der „Ehrenkodex“, Frauen und Kinder zu schonen, ist schon immer eine romantisierende Verharmlosung der Gewalt des Mafia-Phänomens gewesen. „ Gudrun Dietz erwähnt in ihrem kürzlich erschienenen Buch z.B. Marcella Tassone, 10 Jahre, sieben Schüsse ins Gesicht. Werte?
Extrem gefährlich der gestrige Abend. Und wer mit Respekt, aber auch innerer Empörung und ein wenig Langeweile, geduldig bis zum Schluss der Vorlesung abgewartet hat, in der Hoffnung auf eine spannende Diskussion und somit auf die Möglichkeit, die Dinge etwas zurecht zu rücken, sah sich enttäuscht, denn Raum für die Debatte war keiner vorgesehen. Da bleibt also die Frage: Wussten die Organisatorinnen, wen sie an diesen sakralen Ort (St. Pauli Kirche) eingeladen hatten? Ahnten sie zumindest vage, was für eine komplexe Realität die Mafia in Italien, Deutschland und der globalisierten Welt ist? Wohl kaum. Ein Spiel mit dem Feuer, wofür die Festivalorganisation einen erheblichen Teil der Verantwortung trägt.

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